COMUNIONE E CONDOMINIO - Tribunale Palermo Sez. III, 17-04-2018

COMUNIONE E CONDOMINIO - Tribunale Palermo Sez. III, 17-04-2018

In ordine alla ripartizione delle spese relative alle parti comuni, l'eventuale deroga (scritta o tacita) non comporta il mutamento nella qualificazione giuridica del bene che conserva la sua natura di parte comune. Pertanto, nel periodo in cui il condomino ha l'onere di provvedere alla sua conservazione e manutenzione, si assume la responsabilità dei danni derivanti a terzi dal bene. Ne consegue che i danni cagionati dal crollo intero di un balcone sono riconducibili solo al proprietario dell’appartamento a cui è posto a servizio e non al Condominio.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

IL TRIBUNALE DI PALERMO

Terza Sezione Civile

in composizione monocratica, in persona del giudice onorario, dott.ssa Giuseppa Caraccia, all'esito della discussione orale, ha pronunciato e pubblicato mediante lettura in udienza del dispositivo e contestuale motivazione, ai sensi dell'art. 281 sexies c.p.c., la seguente

SENTENZA

nel procedimento iscritto al n. 12670/14 del Ruolo Generale degli Affari civili contenziosi promosso

DA

M.M. rappresentato e difeso dall'avv. Rosario Dolce (avv.rosariodolce@pec.it) giusta procura in calce all'atto di citazione

ATTORE

DA

V.M., rappresentata e difesa dall'avv. Rosario Dolce (avv.rosariodolce@pec.it) giusta procura in calce alla comparsa d'intervento volontario ex art. 105 c.p.c.

CONTRO

C.A., rappresentato e difeso dall'avv. Maria Antonia Bongiorno (mariaantoniabongiorno@pecavvpa.it) giusta procura a margine della comparsa di costituzione

CONVENUTO

CONTRO

Z.I.P. LIMITED COMPANY, Rappresentanza Generale per l'Italia, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avv. Santo Spagnolo (santo.spagnolo@pec.ordineavvocaticatania.it) giusta procura in calce alla memoria di costituzione

TERZA CHIAMATA

OGGETTO: risarcimento danni

Il Tribunale, in persona del giudice onorario, definitivamente pronunciando, disattesa ogni diversa domanda, eccezione e difesa, così provvede:

- condanna il sig. C.A. al pagamento, in favore di M.M., della somma di Euro 13.365,16, oltre rivalutazione monetaria ed interessi;

- condanna il C.A. al pagamento delle spese del giudizio in favore dell'attore che si liquidano in complessive Euro 3.375,00, di cui Euro 175,00, per spese ed Euro 3.200,00 per onorario, di cui Euro 600,00 per la fase di studio della controversia, Euro 500,00 per la fase introduttiva, Euro 1.100,00 per la fase istruttoria e/o trattazione ed Euro 1.000,00 per la fase decisionale, oltre al rimborso delle spese forfettarie pari al 15%, IVA e CPA come per legge; compensa le spese tra tutte le altre parti del giudizio;

- pone definitivamente a carico di C.A. le spese di CTU.

Svolgimento del processo - Motivi della decisione

Con ricorso ex art. 702 bis c.p.c. depositato in data 17/09/2014 e ritualmente notificato il 15/10/2014, il sig. M.M. chiedeva la condanna del sig. A.C., ex artt. 2053, 2051 e 2043 c.c., al risarcimento di tutti i danni patrimoniali, quantificati in Euro 22.959,53, riportati dalla propria autovettura a seguito del crollo, avvenuto nella notte tra il giorno 25 e 26 marzo 2014, di un balcone posto a servizio dell'immobile, di proprietà di quest'ultimo, prospiciente sulla via N..

L'attore esponeva che il giorno 25/03/2014, alle ore 23,00 circa, la di lui moglie V.M. parcheggiava l'auto di famiglia, Opel Meriva targata (...), ai margini della via N. di P. all'altezza del civico n. 2 e l'indomani, alle ore 6:15, trovava la vettura distrutta in quanto sulla stessa era crollato il balcone posto al terzo piano dell'edificio condominiale sito in via C. n. 17.

Si costituiva il sig. A.C. sostenendo che la responsabilità dell'evento dannoso era da attribuire al Condominio di via C. n. 17 in quanto il crollo del balcone era stato cagionato dal distacco delle mensole che lo sorreggevano, cioè da beni aventi natura condominiale; nel merito chiedeva, preliminarmente, la chiamata in causa della Z.I.P. Limited Company quale Compagnia che assicurava, per i danni derivanti a terzi, il predetto Condominio, contestava la fondatezza delle domande attoree ed, in subordine, chiedeva di essere garantito e tenuto indenne dalla Compagnia di assicurazione dalle eventuali somme che sarebbe stato condannato a pagare.

Con ordinanza depositata il 19/01/2015 veniva autorizzata la chiamata in causa della Z.I.P. Limited Company la quale costituendosi eccepiva,

preliminarmente, la carenza di legittimazione del C. a chiamarla in giudizio, nel merito chiedeva il rigetto della domanda attrice ed, in subordine, la condanna entro il massimale assicurato.

Nelle more, con comparsa di intervento volontario ex art. 105 c.p.c., in data 09/12/2015 si costituiva, altresì, la moglie dell'attore, sig.ra M.V., la quale dichiarava di proporre intervento adesivo dipendente avanzando le medesime domande attrici.

Con ordinanza depositata il 18/03/2016 veniva disposto il mutamento in rito ordinario del giudizio.

Preliminarmente va rilevato che la presente causa, di cui erano originariamente titolari altri giudici, è pervenuta a questo decidente, a seguito del provvedimento emesso il 6/10/2015 dal Presidente della terza sezione civile del Tribunale, all'udienza del 10/12/2015.

In punto di diritto, va osservato, innanzitutto, che la norma applicabile nel caso di specie è quella dell'art. 2053 c.c. che prevede una vera e propria responsabilità oggettiva a carico del proprietario di un edificio o di un'altra costruzione per i danni cagionati dalla loro rovina, salvo che provi che questa non è dovuta a difetto di manutenzione o di costruzione.

Secondo la giurisprudenza di legittimità, per rovina deve intendersi ogni disgregazione, sia pure limitata, degli elementi strutturali della costruzione ovvero degli elementi accessori in essa stabilmente incorporati, cioè di tutte quelle parti dell'immobile che sono stabilmente incastonate nello stesso e, quindi, fanno parte della sua struttura costituendone parte integrante, tra i quali si ritiene debbano rientrare anche i balconi.

"La responsabilità del proprietario di un edificio o di altra costruzione per i danni cagionati dalla loro rovina può ravvisarsi solo in caso di danni derivanti dagli elementi (anche accessori ma) strutturali all'edificio o di altra costruzione e perciò da parti essenziali degli stessi, ossia di danni derivanti dall'azione dinamica del materiale facente parte della struttura della costruzione e non da qualsiasi disgregazione sia pure limitata dell'edificio o di elementi o manufatti accessori non facenti parte della struttura della costruzione"(Cass. sez. III, 06/05/2008 n. 11053).

La responsabilità del proprietario, come detto, è presunta e prescinde dalla sussistenza della colpa e può essere esclusa soltanto ove questi fornisca la prova che i danni causati dalla rovina dell'edificio non siano riconducibili a difetto di manutenzione o a vizio di costruzione bensì a un fatto dotato di efficacia causale autonoma rilevante come il caso fortuito, comprensivo del fatto del terzo o dello stesso danneggiato.

Cioè a dire, il proprietario deve dimostrare l'assenza di vizi e difetti di costruzione o che la manutenzione era stata effettuata a regola d'arte o il verificarsi di un evento imprevedibile ed inevitabile dotato di una sua propria ed esclusiva autonomia causale, come ad esempio un fenomeno che, scatenando in modo improvviso ed impetuoso le forze distruttive della natura, assuma proporzioni così immani e sconvolgenti da travolgere ogni baluardo posto a salvaguardia di uomini e cose (cfr. Cass. 21/01/02010 n. 1002; Cass. civ. 30/01/2009 n. 2481; Cass. 29/03/2007 n. 7755 e Cass. 14/102005 n. 19974).

Ciò posto, in merito alla dinamica dell'infortunio, deve ritenersi che l'attore abbia ottemperato al proprio onere probatorio.

Invero, questi ha dimostrato che il danno riportato dalla propria auto è stato diretta conseguenza della disgregazione di un elemento strutturale stabilmente incorporato nell'immobile stesso, cioè è derivato dal crollo del balcone del terzo piano, prospiciente su via N. all'altezza del civico n. 2, facente parte del Condominio di via C. n. 17 e posto al servizio dell'appartamento di proprietà del C.A..

Invero, dalla relazione redatta dai Vigili del Fuoco, intervenuti sul luogo emerge: "All'arrivo sul posto ... si constatava l'avvenuto crollo totale di un balcone realizzato in cemento, con lastra di marmo, maniglioni in pietra di tufo e ringhiera in ferro. Appartamento del 3 piano sito in via N., proprietario Sig. C.A., con ingresso dell'edificio in Via C. civico 17, il balcone durante la caduta danneggiava la ringhiera, la lastra di marmo e l'estradosso del balcone del 2 piano di Proprietà della Sig.ra M.A., finendo la sua corso su un'autovettura tipo Opel Meriva targ. (...) parcheggiata nell'aria sottostante, causando danni sul parabrezzi, lunotto, vetri ant-post. lato six, e su tutta la carrozzeria di proprietà del Sig. M.... " (doc. n. 4 produz. attore).

Ed, ancora, nella relazione dei Carabinieri intervenuti si legge che "Ci siamo recati in via N...., ivi giunti, si constatava che il balcone sito al terzo piano dell'edificio che si affaccia all'altezza del civico 2 di via N., era completamente crollato danneggiando anche i balconi sottostanti del secondo e primo piano...crollava senza far feriti ma solo danni ad autovettura Opel Meriva. Avvertiti gli occupanti dello stabile ed il proprietario C.A...." (doc. n. 6 produz. attrice).

Quest'ultimo, costituendosi i giudizio, non ha contestato di essere proprietario dell'immobile da cui è crollato il balcone ma ha sostenuto che la responsabilità dei danni subiti dall'auto dell'attore sarebbe del Condominio di via C. n. 17 in quanto il crollo del balcone è stato determinato dal collasso contemporaneo delle quattro mensole in tufo che sorreggevano detto balcone, così come risulta dalla relazione depositata dal tecnico del Comune di Palermo - Area gestione del territorio, settore Opere Pubbliche e Manutenzioni, Servizio protezione civile e sicurezza - geom. P., che ha effettuato un accertamento sui luoghi (doc. n.1 allegato alla memoria ex art. 183, sesto comma, n. 2 del C.).

Il convenuto, sostiene che le mensole, o modiglioni, del balcone in questione, per la forma che rivestono, svolgono una funzione decorativa dell'intero edificio del quale accrescono il pregio architettonico e costituiscono parti integranti della facciata, quindi devono considerarsi parti comuni dell'edificio, con la conseguenza che il Condominio è responsabile della loro conservazione e manutenzione ed è tenuto a rispondere dei danni risentiti da terzi a causa del crollo.

Al riguardo, occorre rilevare che in tema di parti comuni e relativo obbligo di manutenzione vige una disciplina differente per i balconi cosiddetti "aggettanti" e per gli elementi decorativi presenti sugli stessi.

I balconi aggettanti, i quali sporgono dalla facciata dell'edificio, per giurisprudenza costante, costituiscono solo un prolungamento dell'appartamento dal quale protendono e rientrano nella proprietà esclusiva dei titolari degli appartamenti cui accedono.

Soggetti a un regime diverso, invece, sono tutti gli elementi decorativi del balcone che in virtù della funzione di tipo estetico che essi svolgono rispetto all'intero edificio, del quale accrescono il pregio architettonico, sono considerati parti comuni ai sensi dell'art. 1117 c.c.

"In tema di condominio negli edifici e con riferimento ai rapporti tra la generalità dei condomini, i balconi aggettanti, costituendo un "prolungamento" della corrispondente unità immobiliare, appartengono in via esclusiva al proprietario di questa; soltanto i rivestimenti e gli elementi ivi della parte frontale e di quella inferiore si debbono considerare beni comuni a tutti, quando si inseriscono nel prospetto dell'edificio e contribuiscono a renderlo esteticamente gradevole" (Cfr. Cass. 02/02/2016 n. 1990 e Cass. 16/02/2012 n. 2241).

Nel caso di specie, sulla scorta della documentazione fotografica, prodotta dall'attore e dal convenuto, emerge che, seppur la soletta del balcone non abbia alcuna funzione decorativa di particolare pregio, le mensole che sorreggono le solette di tutti i balconi dell'edificio, invece, essendo state costruite con caratteristiche uniformi sembrano avere una funzione ben precisa nell'estetica e nel decoro del fabbricato; infatti, tali mensole, unitamente agli altri fregi presenti sopra le porte dei balconi, costituiscono elementi ornamentali essenziali della facciata e rispondono ad una funzione estetica concepita appositamente per rendere più alto il pregio architettonico dell'intero condominio.

Dette mensole, inoltre, come emerge dalle foto, si raccordano anche con quelle dei balconi degli edifici limitrofi, concorrendo ad accrescerne il pregio.

Ciò detto, tali mensole costituiscono parti comuni con la conseguenza che la spesa per la loro riparazione o ricostruzione ricadrebbe su tutti i condomini, proporzionalmente al valore della proprietà di ciascuno, secondo il criterio generale dettato dall'art. 1123, 1 comma, c.c.

La menzionata disposizione, però, ha carattere dispositivo, ciò vuol dire che essa trova applicazione laddove le parti non abbiamo diversamente stabilito; in tal modo si dà l'opportunità ai partecipanti al condominio di decidere in piena autonomia i criteri di ripartizione delle spese più equi nella loro situazione.

Ciò è quanto statuito dai giudici di legittimità secondo cui "I criteri di ripartizione delle spese condominiali, stabiliti dall'art. 1123 c.c., possono essere derogati e la relativa convenzione modificatrice può essere contenuta sia nel regolamento condominiale "di natura contrattuale", ovvero in una deliberazione dell'assemblea approvata all'unanimità, o col consenso di tutti i condomini" (cfr. Cass. 04/08/2016 n. 16321).

Ne consegue che il criterio legale di ripartizione delle spese potrà essere derogato con il consenso di tutti i partecipanti al condominio, consenso che dovrà risultare dal regolamento condominiale (contrattuale), da una delibera assembleare votata da tutti i condomini, così come da un accordo raggiunto da tutti anche al di fuori dell'assemblea e che non necessita di una formula sacramentale come quella scritta ma può avvenire anche tacitamente.

"La partecipazione con il voto favorevole alle reiterate delibere adottate dall'assemblea dei condomini di un edificio per ripartire le spese secondo un valore delle quote dei singoli condomini diverso da quello espresso nelle tabelle millesimali, o l'acquiescenza rappresentata dalla concreta disapplicazione delle stesse tabelle per più anni può assumere il valore di univoco comportamento rivelatore della volontà di parziale modifica dei criteri di ripartizione da parte dei condomini che hanno partecipato alle votazioni o che hanno aderito o accettato la differente suddivisione e può dare luogo, quindi, ad una convenzione modificatrice della relativa disciplina, che, avendo natura contrattuale e non incidendo su diritti reali, non richiede la forma scritta, ma solo il consenso anche tacito o per facta concludentia, purché inequivoco dell'assemblea dei condomini" (cfr. Cass. 24 maggio 2013, n. 13004 e Cass. 10/02/2009, n. 3245).

Con la locuzione latina facta concludentia (letteralmente comportamenti concludenti), si fa riferimento a quelle condotte tacite dalle quali è possibile desumere l'accettazione di una determinata situazione di fatto che riverbera i propri effetti anche sul piano giuridico.

In tal senso anche la giurisprudenza di merito si è pronunciata affermando che si può accettare un criterio di ripartizione delle spese, diverso da quello legale, anche per facta concludentia; vale a dire attraverso un'univoca manifestazione tacita di volontà da cui possa desumersi un determinato intento ed a cui si possa conferire un preciso valore contrattuale.

La deroga non è assoggettata ad oneri di forma e può "...risultare anche da comportamenti univocamente concludenti protrattisi nel tempo, dai quali sia possibile ricavare l'accettazione di differenti criteri di riparto delle spese da parte di tutti i condomini (Trib. Bari 10/06/2008 n. 1470). "In tema di condominio, la disciplina della ripartizione delle spese condominiali può essere oggetto di una convenzione modificatrice che può perfezionarsi anche per facta concludentia." ( Trib. Milano 05/09/2014 n. 10802).

Nel caso in esame, l'amministratore del condominio di Via C. n. 17, sig. D.D.C., ha dichiarato che non esiste alcun regolamento condominiale ed, agli atti, non è stata prodotta alcuna delibera assembleare da cui risulti una deroga alla ripartizione delle spese relative alle parti comuni.

L'amministratore, però, ha affermato che "...tutti i balconi di pertinenza degli immobili dell'edificio condominiale di via C. 17, per consuetudine, sono stati sempre oggetto di riparazione e di manutenzione da parte di ogni proprietario esclusivo. Conosco tale circostanza perché risulta da corrispondenza consegnatami dal precedente amministratore. Di recente, dopo il crollo del balcone del sig. C., se mal non ricordo nel 2015-2016, tutti i balconi sono stati manutenzionati e le spese per i balconi sono state effettuate da ogni singolo proprietario..."(cfr. verb. ud. del 19/05/2017).

Peraltro, lo stesso C. ha prodotto una lettera datata 02/06/1993 (doc. n. 2 allegato alla memoria n. 2) in cui diffidava, per tramite del suo legale, l'allora amministratore e la ditta incaricata di eseguire lavori sul proprio balcone che si affacciava sulla via N., comunicando che lo stesso era stato ripristinato a sua cura e spese.

E' evidente che, fin dal 1993, il C. ha provveduto alla riparazione e manutenzione dei balconi del proprio appartamento.

Ciò posto, va detto che la deroga in ordine alla ripartizione delle spese relative alle parti comuni (che può sempre essere a sua volta derogata) non comporta il mutamento nella qualificazione giuridica del bene che conserva la sua natura di parte comune ma il condomino, nel periodo in cui ha l'onere di provvedere alla sua conservazione e manutenzione, si assume la responsabilità dei danni derivanti a terzi dal bene.

Inoltre, va detto che l'eccezione sollevata dal C., riguardante l'incapacità a testimoniare dell'amministratore del Condominio, non ha pregio in quanto questo decidente ritiene che lo stesso non ha un interesse personale e concreto nella causa.

In ogni caso, va rilevato che successivamente alla deposizione del teste, parte convenuta non ha eccepito la nullità della testimonianza per incapacità del teste.

Invero, "In tema di prova testimoniale, l'eccezione di nullità della testimonianza per incapacità a deporre deve essere sollevata immediatamente dopo l'escussione del teste ovvero, in caso di assenza del procuratore della parte all'incombente istruttorio, entro la successiva udienza, restando, in mancanza, sanata. Né assume rilievo che la parte abbia preventivamente formulato, ai sensi dell'art. 246 cod. proc. civ., una eccezione d'incapacità a testimoniare, che non include l'eccezione di nullità della testimonianza comunque ammessa ed assunta nonostante la previa opposizione" (cfr. Cass. 19/08/2014 n. 18036).

Infine, va esaminata l'eccezione sollevata dalla società Z. relativamente al difetto di legittimazione del C. a chiamarla in giudizio.

La Compagnia sostiene che la garanzia prevista nel contratto di assicurazione era prestata in favore del Condominio e non si estendeva ai singoli condomini né come proprietari esclusivi degli appartamenti né come condomini.

In proposito, va rilevato che la "Polizza Globale Fabbricati Civili" n.(...), stipulata dal Condominio di via C. n.17 (cfr. settore B - Responsabilità civile pag. 13 del contratto), prevede la garanzia del risarcimento nell'ipotesi in cui l'assicurato (cioè il Condominio) "...sia tenuto a pagare...danni involontariamente cagionati a terzi...in conseguenza di un fatto accidentale verificatori in relazione alla proprietà del fabbricato ed alla conduzione delle parti comuni".

E' evidente che il contratto di assicurazione è stato stipulato in favore del Condominio (soggetto diverso rispetto ai singoli condomini) per i danni arrecati a terzi dalle parti comuni del fabbricato e non copre i danni derivanti dalla responsabilità dei singoli condomini nei confronti dei terzi estranei.

Nella fattispecie, come già detto, il C. è l'unico responsabile del danno arrecato dal bene di cui aveva l'onere di provvedere alla sua manutenzione e conservazione e, comunque, questi non aveva alcuna legittimazione ad agire nei confronti della compagnia di assicurazione.

"Nel caso di contratto di assicurazione stipulato dal condominio, in persona dell'amministratore, la circostanza che il condominio sia ente di gestione, privo di personalità giuridica, non comporta che ciascun condomino possa agire, nel proprio interesse, nei confronti dell'assicuratore, spettando all'amministratore la rappresentanza del condominio contraente della polizza nell'interesse di tutti i condomini" (cfr. Cass. 20/02/2009 n. 4245).

Da quanto sopra detto, deriva che la responsabilità dell'accaduto deve essere addebitata al C. tenuto conto che lo stesso non ha provato l'intervento di un alcun fattore esterno, imprevedibile e straordinario tale da interrompere il nesso causale tra il crollo del balcone e l'evento lesivo e, pertanto, idoneo ad escludere la responsabilità ex art. 2053 c.c.

Tanto basta per ritenere integralmente fondata, sotto il profilo dell'an debeatur, la domanda risarcitoria attrice spiegata nei confronti del convenuto che deve pertanto essere condannato a risarcire l'attore dei danni riportati dalla sua auto in conseguenza dell'occorso per cui è causa.

Per quanto concerne la quantificazione dei danni risarcibili all'attore il CTU, geom. Scaturro Giuseppe, ha accertato che l'auto ha subito deformazioni sulla carrozzeria ed in particolare al tetto, al parabrezza, al coperchio vano motore ed alla portiera anteriore e posteriore sinistra nonchè rotture e deformazioni all'interno dell'abitacolo riguardanti il pannello di rivestimento interno del tetto, il cruscotto e relativa strumentazione.

Tali danni sono stati quantificati in Euro 9.027,95 oltre IVA (somma comprensiva del costo dei pezzi di ricambio e relativa manodopera) e cioè complessivamente Euro 11.014,10.

Inoltre, il CTU ha accertato, sulla scorta delle quotazioni riportate da pubblicazioni operanti nel settore, che il valore di mercato dell'auto prima del sinistro era di Euro 10.700,00.

Nel caso in cui le riparazioni del mezzo incidentato risultino evidentemente antieconomiche e lo stesso debba essere demolito, il danno risarcibile non è rappresentato dalla spesa occorsa per l'acquisto di una nuova autovettura ma dall'effettiva perdita economica subita, la quale è costituita dal valore di mercato del veicolo danneggiato al tempo del sinistro, maggiorato della spesa di demolizione del relitto e di quella di immatricolazione del nuovo veicolo (cfr. App. Roma 22/02/2005 n. 809) o del passaggio di proprietà ovvero delle spese per il noleggio di una vettura sostitutiva, per il soccorso, il traino e la custodia del mezzo incidentato.

All'attore va risarcita, quindi, oltre l'importo del valore di mercato dell'auto accertato dal CTU in Euro 10.700,00, anche la somma di Euro 2.465,16 quale spesa sostenuta per essere stato costretto a noleggiare un'altra autovettura in attesa di ricevere la consegna della nuova auto ordinata in data 22 maggio 2014 e consegnata per il 30 settembre successivo (docc. nn. 15-16 e 17 produz. M.), nonché l'importo di Euro 200,00 per le spese per il trasporto del relitto dal luogo del sinistro giusta fattura n.(...) del 10/07/2014 emessa dalla Società F.M. Srl (doc. n. 18 produz. M.).

Non vanno risarcite, invece, le spese per la rottamazione in quanto non provate e quelle legali che l'attore assume di avere sostenuto per l'assistenza nella fase stragiudiziale, in quanto unicamente dovute nella sola ipotesi in cui la vertenza abbia una composizione bonaria e non anche qualora, come nella specie, la medesima trovi definitiva soluzione in ambito giudiziale ed, in ogni caso, tali spese non sono state provate con idonea documentazione fiscale.

Va rammentato che la Corte di Cassazione ha ritenuto che il preventivo di spesa è un mero indizio proveniente da un terzo e come tale utilizzabile ove l'autore sia chiamato a deporre.

"In tema di risarcimento dei danni alle cose provocati da un incidente stradale, il preventivo di spesa prodotto dal danneggiato, redatto in assenza di contraddittorio e non confermato dal suo autore, non ha valenza probatoria e non é idoneo ai fini della determinazione del quantum debeatur" (cfr. Cass. civ. 13/05/2014 n. 10315 e Cass. civ. 15/05/2013 n. 11765).

Sulla scorta di tali dati, all'attore spetta la somma complessiva di Euro 13.365,16 oltre rivalutazione ed interessi.

Infatti, considerato che i danni liquidati sono espressi in valuta dell'epoca d'insorgenza, appare necessario procedere alla rivalutazione applicando gli interessi da "ritardato pagamento" o interessi compensativi (cioè l'ulteriore e diverso danno rappresentato dalla mancata disponibilità della somma dovuta provocata dal ritardo con cui viene liquidato al danneggiato l'equivalente in denaro del bene leso), conformemente al noto principio enunciato dalle SSUU della Cassazione con sentenza 17/02/1995 n. 1712, sulla "somma capitale" originaria rivalutata di anno in anno.

P.Q.M.

In ultimo, in base al principio della soccombenza il sig. C.A. va condannato al pagamento, in favore del M., delle spese di lite del giudizio quantificate, come specificate in dispositivo, sulla base dei parametri introdotti dal DM Giustizia n. 55/14, con applicazione dei valori della tabella n. 2 per le cause di valore da Euro 5.200,01 fino ad Euro 26.000,00 mentre, sussistendo giusti motivi, va disposta la compensazione delle spese tra le altre parti del giudizio.

Così deciso in Palermo, il 17 aprile 2018.

Depositata in Cancelleria il 17 aprile 2018.


Avv. Francesco Botta

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